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Missione a Guri I Zi in Albania

Chiara Alluisini, Segretario Generale di Fondazione Marcegaglia racconta in prima persona l’esperienza di incontro delle protagoniste del progetto “Tramano storie ordite di speranza” presso il villaggio di Guri I Zi in Albania, accompagnata da Niccoletta Rossi di Montelera, AD Impresa Sociale Progetto Sociale Guri I Zi Srl

 

MERCOLEDI’ 17 GENNAIO

Arrivo all’aeroporto internazionale di Tirana alle ore 21:25 dove mi aspetta Cesk, il braccio destro di don Raffaele, parrocco della Chiesa di Guri I Zi dove nel 2006 con Elena Galateri, Presidente dell’Associazione Idee Migranti Onlus, è nata l’idea dell’attività di tessitura come fonte di reddito per le quattro donne che frequentavano la parrocchia.

Durante il tragitto per raggiungere l’hotel a Scutari, circa 100 chilometri da Tirana, Cesk conversa volentieri, in un perfetto italiano, per rispondere alle mie domande. La strada è una superstrada non a pedaggio e senza traffico, ma solo perché è buio, si tratta infatti dell’unico collegamento esistente con il nord del paese. Quello che colpisce è la concentrazione di stazioni di rifornimento, i cui nomi sono riconducibili alle famiglie proprietarie. Con l’attuale amministrazione, infatti, le grosse compagnie sono state sostituite da questi nuovi proprietari così come nuove compagnie aeree hanno sostituito quelle più conosciute.

Questo ha significato costi più contenuti nella tratta aerea da e per l’Italia ma nessun vantaggio per il costo della benzina che Cesk lamenta essere alto ( si aggira intorno 180 Lek =1,26€ ).

Il governo attuale vuole imporre una tassa sul consumo dell’acqua dei pozzi ad uso privato così come un aumento dell’energia elettrica, quasi esclusivamente di origine idroelettrica, ma le popolazioni che vivono fuori dalle aree urbane non possono beneficiare di questi servizi per la carenza della rete e perché hanno difficoltà a guadagnare per soddisfare i bisogni primari. La maggior parte di loro vive senza luce e acqua, oppure si allaccia abusivamente alla prima e scavano pozzi per la seconda.

Non esiste una classe media, lo stipendio di un insegnante è di 250€ ed il costo medio dell’elettricità di 50€ mentre il costo della vita è simile alle nostre città del sud Italia. La popolazione totale è di circa 3 milioni di abitanti (ma si stima che gli albanesi nel mondo siano circa 5 milioni ) concentrandosi nelle zone urbane, anche perché  dopo le elezioni amministrative del 21 giugno 2015 i comuni rurali sono stati aboliti e accorpati ai comuni urbani.

Lo stesso villaggio di Guri I Zi non è più comune autonomo ma fa parte della municipalità di Scutari che adesso conta circa 136.000 abitanti, ci arriviamo dopo circa un’ora e mezza di viaggio rispettando il limite orario di 80 km. Purtroppo il castello del IV secolo a.C. che è situato sulla collina alle porte della città non è visibile perché l’attuale amministrazione non accende le luci. Sono ospite del nostro partner all’Hotel Colosseo, un accogliente struttura, non unica nel suo genere in questa città che è considerata la capitale culturale albanese e che domani avrò occasione di visitare anche solo per poche ore.

GIOVEDI’ 18 GENNAIO

Ore 8:30 colazione con Niccoletta e Guido, il fotografo della missione che per loro è iniziata lunedì. Mi ha svegliato il muezzin della moschea che si trova di fronte all’hotel non lontano da una chiesa cattolica, in una pacifica vicinanza.

Ore 9:00 Cesk ci aspetta con la Project manager Monda e, complice una giornata di sole, andiamo a vedere il lago di Scutari che è il più grande dei Balcani e confina a nord con il Montenegro. Si tratta di una zona turistica dove la balneazione è possibile e ci sono diversi punti di ristoro aperti durante la stagione estiva. Tutto attorno una catena montuosa innevata.

Per rientrare a Scutari attraversiamo nuovamente una strada sulla quale vivono baraccate alcune famiglie Rom, ma questa vita è la stessa per chi abita in montagna, forse peggiore, per la mancanza dell’acqua. Cesk ci racconta che Don Raffaele è in viaggio per raggiungere alcune comunità montane per portare loro abiti che gli abitanti di Guri I Zi hanno raccolto per loro. Don Raffaele ha chiesto ai suoi parocchiani di aiutare queste famiglie e loro si sono privati di qualche capo di abbigliamento in buono stato.

Attraversiamo la città per ammirare il Teatro e la Cattedrale di Santo Stefano ma da lontano perché la zona è pedonale, la strada è un po’ trafficata anche perché c’è un carretto trainato da un mulo che trasporta del fieno. Non potrebbe circolare nelle strade asfaltate ma c’è un po’ di tolleranza per consentirgli di non dover percorrere strade sterrate rese fangose dagli scorsi giorni di pioggia.

Ci dirigiamo a Guri I Zi, solo 10 chilometri a sud, non prima di aver assaggiato un burek, pasta arrotolata con crema di yogurt. Il nome del villaggio vuol dire Pietra Nera e deriva dall’antico meteorite che si trova nel suo centro.

A  pochi chilometri dal centro di Guri I Zi c’è la casa di Susanna Hila, che è stata fin dall’inizio la referente dell’attività di tessitura insegnandola alle altre donne e nella cui proprietà è stato costruito il laboratorio.

Nel laboratorio ci sono 13 telai ai quali si alternano le donne a rotazione per garantire ad ognuna di loro il minimo salariale e così facendo maturare i contributi. Le tessitrici assieme alle ricamatrici che lavorano da casa stanno crescendo in tecnica ma anche in numero per soddisfare le nuove richieste di mercato. Hanno appena terminato un campionario di alcuni prodotti destinati ad un grande magazzino di Hong Kong e, se si dovesse aprire questo nuovo canale di mercato, sarà necessario apportare delle migliorie per garantire una produzione continuativa. Ad oggi l’ordito viene steso all’aperto su dei paletti piantati nel prato, impedendo la sua preparazione in caso di pioggia. Una semplice tettoia potrebbe risolvere il problema che assieme ad una stufa nel laboratorio potrebbe garantire condizioni di lavoro migliori e forse più produttive anche se le donne, lavorando a cottimo, non si risparmiano e trascorrono sui telai dalle 10 alle 12 ore al giorno.

Dietro la casa di Susanna c’è la sartoria dove suo marito Ernest coi figli e generi cuciono o assemblano i prodotti. Inizialmente la qualità non era elevata e Niccoletta aveva cercato altrove una sartoria ma si è accorta presto che Ernest era comunque il migliore ed ha deciso di formarlo per ottenere gli standard prefissati.

Ore 13:00 alcune donne fanno una pausa per prendere i figli che frequentano le scuole gestite dai religiosi e preparare il pranzo. La famiglia albanese è patriarcale, il capofamiglia è il marito e la moglie si trasferisce nella sua casa dove accudisce anche i suoceri. Le donne per lavorare devono chiedere il permesso ai loro mariti come mi spiega Vera, che oggi è venuta apposta per conoscermi ma che dovrà tornare a casa perché deve accudire il suocero. Ci teneva a raccontarci che grazie al lavoro è riuscita a sposare una figlia e a pagare le spese sanitarie del suocero.

Luce mi raccolta che grazie al progetto è riuscita a costruire un pozzo ed avere l’acqua corrente.

Alcune donne infatti non vivono vicino ma sulle montagne e percorrono sentieri per diversi chilometri pur di garantire alla propria famiglia una vita migliore.

Sono donne giovani, in media 35 anni, ma hanno i segni sul volto di una vita fatta di fatica e privazioni.

Pranziamo assieme alla famiglia di Susanna e a Munda, in una casa pulita e accogliente dove inizialmente sono state formate le donne prima di costruire il laboratorio, il fatto che ci siano gli uomini è inusuale come sottolinea Niccoletta. Forse è il segno che si è instaurato un rapporto di piena fiducia e ci confidano quanto sia stato difficile vivere durante il regime comunista, le parole di Munda mi restano impresse nella memoria: “il regime ci ha tolto l’anima e instillato la paura”. Sono racconti di una ferocia incomprensibile come quando il padre di Ernest viene fucilato in pubblico perché non vuole rinunciare ai suoi terreni e viene requisita la casa lasciando la moglie e i cinque figli in mezzo alla strada. Il lavoro nelle cooperative dove imparavi un mestiere come quello del sarto ma che non veniva retribuito se non con il cibo razionato. La fine del regime che ha significato un popolo allo sbando, delinquenza, droga prostituzione ma anche rinascita grazie ad un parroco instancabile, le donne dell’Associazione Idee Migranti onlus e quelle albanesi che hanno realizzato un progetto puntando tutto sulle loro abilità.

Garantendo il sostegno formativo per la seconda annualità, anche grazie al contributo di privati che hanno creduto nella bontà del progetto, potranno essere rafforzate le competenze operative dell’area commerciale, ma per raggiungere la sostenibilità economica dell’Impresa sociale Guri I Zi Niccoletta ha elaborato un progetto di accompagnamento imprenditoriale triennale ( 2017-2020 ) che rafforza anche l’area gestionale e quella logistica.

Ore 16:00 partenza per l’aeroporto internazionale di Tirana ma non prima di aver fatto una sosta alla Parrocchia di Guri I Zi dove l’Associazione Idee Migranti onlus ha realizzato un’area giochi per i bambini a cui ha anche fornito un servizio di trasporto per garantire a quelli che vivono in abitazioni fatiscenti vicino alla discarica di arrivare a scuola in orario e in condizioni decorose.